Il Grano Saraceno, dono della luce.
Il grano saraceno (Polygonum fagopyrum), detto anche grano nero, non appartiene alla famiglia delle graminacee, ma è una pianta erbacea annuale appartenente alla famiglia delle Poligonacee. A questa famiglia appartiene anche il rabarbaro e l’acetosa.
Grazie alle sue proprietà nutrizionali e alla sua versatilità in cucina, il grano saraceno viene spesso classificato come un cereale, anzi, uno pseudocereale.
Il nome scientifico deriva dal latino fagus (faggio); perché la morfologia dei semi triangolari del grano saraceno è analoga a quella dei semi del faggio, e dal greco piròs (frumento); perché dai semi del grano nero, tramite un processo di macinazione, si ottiene uno sfarinato simile alla farina di frumento.
La sua coltivazione, molto antica, inizia nelle zone della Siberia, della Cina e della Manciuria, in Asia Centrale. In occidente sbarca durante il medioevo e in Italia nel XV secolo grazie al commercio marittimo attraverso il Mar Nero. Esistono diverse teorie su come sarebbe avvenuta la sua diffusione in Europa, ma le più veritiere risulterebbero due: sembra che la pianta fu portata in Grecia e nelle penisola balcanica dai Turchi, mentre a introdurla in Polonia e Germania sarebbero stati i popoli Mongoli.
Il nome di grano saraceno gli viene attribuito, in particolare in alcune zone meridionali della Germania e dell’Austria, a seguito delle migrazioni dei Saraceni verso l’ Europa. Un’altra teoria riporta al fatto che il nome sia stato ispirato dal colore dei chicchi scuri, appunto come i saraceni.
Ma com’ è fatta la pianta di grano saraceno?
La crescita del grano saraceno è come quella delle piante erbacee: cresce velocemente, ha poca radice, ed è poco esigente.
Il gambo assume un colore rossiccio e si ramifica in modo discontinuo. Ricorda infatti le piante di acetosa che appartengono alla stessa famiglia. Le foglie sono a forma di lancia e di un verde intenso. I fiori, a cinque petali, possono essere bianchi o rossi. La fioritura dura per 3 mesi senza interruzione, fattore importante per la vita delle api che, dopo che le fioriture primaverili, vi trovano il loro nutrimento. Dal fiore si sviluppa, verso il basso, il chicco poligonale che ricorda vagamente la forma di un cuore.
Il grano saraceno è particolarmente ricco di amido (62,5%) e soprattutto di amilopectina (75%), proprio quest’ultima permette al grano saraceno di essere facilmente digeribile e quindi indicato per le persone malate o con un apparato digerente delicato.
Facile e veloce da cucinare, ben si adatta all’alimentazione delle persone affette da diabete grazie al basso indice glicemico.
Nel suo seme vi troviamo proteine (13%) composte sia da amminoacidi essenziali, come: lisina, treonina e triptofano, che da amminoacidi contenenti zolfo. E fattore importante, non presenta nella sua composizione proteica le gliadina del glutine, quindi è adatto alle persone affette da celiachia.
Particolarmente ricco di sali minerali come: ferro, fosforo, rame, zinco, selenio e potassio. Di vitamine del complesso B e di niacina (PP), di antiossidanti come la rutina, che aiuta a rafforzare la parete dei capillari, e altri flavonoidi (potenti antiossidanti) come le antocianine e la quercetina, responsabili della colorazione rossa del gambo.
Grazie alla sua capacità di fornire energia e “vigore”, può essere introdotto nella dieta per gli sportivi, per le donne in gravidanza e per le persone anziane.
Il grano saraceno è tuttora molto utilizzato nella cucina tradizionale; rientra infatti in molte ricette della tradizione culinaria italiana, ad esempio nella cucina di montagna come ingrediente base per la produzione della “polenta taragna”, dei “pizzoccheri valtellinesi” e degli “sciatt”, tipici dolci della Valtellina.
Ben conosciuta è la “Galette bretonne” dalla Francia, una forma di crepe di solo grano saraceno.
Grano Saraceno con curcuma e alloro
Dopo averlo lavato, bollire del grano saraceno in acqua nella proporzione di 80 gr per 200 ml di acqua a persona, con una foglia di alloro e un cucchiaino di curcuma in polvere, meglio se fresca tagliata a piccoli cubetti.
A fine cottura aggiungere una cipolla rossa tagliata fine, pepe in grani, abbondante olio e sale.
Si accompagno con:
Un’ insalata di barbabietola cotta e una verdure cotta amara come la catalogna.
Molto spesso capita che, se si passeggia dopo un temporale in un campo dove cresce il grano saraceno, si scopre che questo è diventato tutto nero e bruciacchiato, come se una fiamma vi fosse passata sopra. Il contadino infatti dice: “È stato colpito dal fulmine!” ma perché è stato colpito? Ora vi racconterò quello che un passerotto mi ha detto una volta, e il passerotto lo ha sentito da un vecchio salice che si trova ancora oggi proprio vicino a un campo di grano saraceno.
Era un salice molto grande e onorevole, ma ormai vecchio e grinzoso: aveva una fenditura proprio nel mezzo, e là crescevano l’erba e cespugli di more. Il salice è piegato in avanti e i rami sono chini verso terra e sembrano lunghi capelli verdi. Nei campi intorno all’albero crescevano grano, segala, orzo e avena, sì proprio la bella aveva che quand’è matura sembra una folla di piccoli canarini dorati appoggiati su un ramo. Il grano stava lì, benedetto, e quanto più era pesante, tanto più si piegava verso il basso per devota umiltà. C’era anche un campo di grano saraceno, che si trovava più vicino al vecchio salice, ma il grano saraceno non si piegava affatto come l’altro grano, restava dritto e pieno di superbia. “Io sono ricco come la spiga di grano” diceva “ma sono molto più bello, i miei fiori sono più graziosi, profumano come i fiori del melo, è un piacere guardarmi, conosci forse qualcuno più bello di me, vecchio salice?” E il salice annuiva col capo, come per dire: “Certo che lo conosco!”, ma il grano saraceno si gonfiava di orgoglio e diceva: “Che stupido albero, è così vecchio che gli cresce l’erba nella pancia!”.
Improvvisamente venne brutto tempo, tutti i fiori del campo richiusero i loro petali e chinarono le graziose testoline, mentre la tempesta passava sopra di loro; il grano saraceno invece se ne stava dritto nella sua superbia. “Piega la testa come facciamo noi!” gli dissero i fiori. “Io non ne ho bisogno!” rispose il grano saraceno. “Chiudi i fiori e piega le foglie!” gli disse anche il vecchio salice “non guardare il fulmine mentre si stacca dalla nuvola, neppure gli uomini osano guardare, perché attraverso il fulmine si può vedere nel cielo di Dio, ma tale vista rende ciechi gli uomini; che cosa succederebbe quindi a noi piante della terra, se osassimo guardare, noi che siamo molto inferiori?” “Molto inferiori?” disse il grano saraceno. “Voglio proprio vedere nel cielo di Dio!” gridò pieno di superbia e arroganza. Giunse il fulmine e sembrò che tutto il mondo fosse una sola fiamma di fuoco. Quando il brutto tempo si calmò, i fiori e il grano si ritrovarono immersi in un’aria pulita, rinfrescata dalla pioggia, ma il grano saraceno era stato bruciato dal fulmine, e ora non era altro che una inutile erba morta nel campo. Il vecchio salice agitò i rami al vento e dalle verdi foglie caddero grosse gocce d’acqua; sembrava che l’albero piangesse. Allora i passerotti chiesero: “Perché piangi? Qui tutto è benedetto dal Signore; guarda come splende il sole e come corrono le nuvole, non senti che profumo viene dai fiori e dai cespugli? Perché piangi dunque, vecchio salice?”. E il salice raccontò allora della superbia e dell’arroganza del grano saraceno e della punizione che non manca mai. Io che vi racconto la storia, l’ho sentita dai passerotti; me l’hanno raccontata una sera che ho chiesto che mi narrassero una storia.